• Corsi per aggiornamenti scolastici a Milano

    Le migliori opportunità per chi non vuole perdere contatto con la modernità educativa


    I corsi per aggiornamenti scolastici a Milano offrono diverse attività, tra le quali le seguenti:


    Agrinido e outdoor education


    Federica Di Luca, educatrice, Agrinido della Natura


    L’Agrinido è un nido d’infanzia autorizzato e accreditato secondo le normative regionali di settore. E’ un servizio svolto dall’imprenditore agricolo attraverso l’utilizzo della propria azienda, in connessione con l’attività agricola.


    Outdoor education: è un insieme di pratiche formative che si basano sull'utilizzo dell'ambiente esterno come spazio privilegiato per le esperienze di bambini e bambine che dal giardino dei servizi e delle scuole, si spingono sempre più lontano fino agli ambienti di selvaggi. L'ambiente esterno, outdoor, assume la valenza di “un'aula” che consente lo sviluppo naturale del bambino e l’espressione dei vari linguaggi (ludico, motorio, emotivo affettivo, sociale, espressivo, creativo).

  • Corsi per aggiornamenti

    Corsi per aggiornamenti


    Nell’Agrinido sosteniamo il contatto intimo e istintivo dei bambini con la natura, il loro vivere intensamente e nel presente le emozioni del contatto, favorendo così una sana percezione di sé e del mondo circostante, qualità fondamentali per ogni futuro apprendimento. Bambini e bambine dell’agrinido hanno l’occasione di vivere diverse attività tipicamente agricole (semine, piantumazioni, zappature, potature, raccolte...) e di percepire sensibilmente il mondo, attraverso il loro corpo sensorio, le sviluppate facoltà sensoriali e la volontà (in particolare il senso del movimento, dell’equilibrio, del tatto, della vita....). 


    Fanno esperienza quotidiana di ascolto dei suoni, dei ritmi e dei tempi della natura, di esplorazione dell’agroecosistema: fossi, siepi, filari, boschi, animali, materiali naturali come la terra, l’acqua, la paglia, i rametti, i sassi, le foglie... Degustano i prodotti biologici dell’azienda e partecipano settimanalmente ad alcune preparazioni (fare dolci, trasformare frutta in confetture e succhi, fare la farina e il pane, preparare tisane e sali odorosi...), con un’attenzione speciale alla cucina e alla tavola in quanto luoghi di qualità educativa e snodo essenziale tra produzione agricola, alimentazione e salute.

  • Corsi per aggiornamenti


    L’arte e le attività manuali-artigianali hanno un valore importante nella nostra proposta non solo per abilitare le abilità motorie; lavorare l’argilla, la cera, la lana, costruire con materiali naturali, colorare con le terre e con il carbone, avvicinarsi ai vecchi attrezzi e mestieri, trafficare con materiali semplici, danzare e cantare, giocare, incontrare artigiani e gli anziani portatori di saperi sono attività serie e vitali; attraverso di esse si coltivano doti di creatività, immaginazione e iniziativa. 


    Ci sono poi una serie di attività di cosiddetta vita pratica quotidiana come la partecipazione alla cura degli spazi comuni e individuali, l’apparecchiatura, il vestirsi e l’indossare gli stivaletti per andare fuori... che sostengono l’autonomia e il senso comunitario della vita. L’identità culturale dell’Agrinido ha radici nell’ampia cornice teorica e metodologica dell’educazione olistica. Sviluppa e ricerca l’outdoor education, l’educazione alla sostenibilità e la sperimentazione delle nuove pedagogie.



    Per approfondimenti su Agrinido: Educare03, n. 6, 2016, pp. 7-11



    Per informazioni su Outdoor Education e Asilo nel bosco: Educare03, n. 3, pp. 29-30.

  • 1. Non anticipare, non sostituirsi

  • I genitori, ma non solo, manifestano di frequente la legittima preoccupazione che il loro bimbo cresca. Ma tutto ciò non deve essere confuso con la fretta. 


    Occorre lasciare tempo: lasciare che il bambino piccolo si “goda” la sua cacca, senza nessuna fretta di togliere il pannolino, senza anticipare la conquista della posizione eretta sorreggendolo anzitempo nei suoi primi passi, lasciando vivere il piacere spontaneo della scoperta da parte del bambino. “Non è guadagnare tempo, ma perderne la più utile norma di tutta l’educazione”, ammoniva Rousseau nel suo “Emilio”, l’opera che ha inaugurato la pedagogia moderna. Rousseau richiama il tema del “silenzio” dell’educatore. 


    Non si tratta tanto di intervenire, ma di prevenire. Mettere il bambino nella situazione di non essere educato, questo è il principio guida della vera educazione. Far riferimento al ritmo di sviluppo del bambino, non dell’istituzione (per esempio, la mission della scuola dell’infanzia non è prepararsi alla scuola primaria). 


    E’ auspicabile al contrario fare leva proprio su quanto ha a che vedere con la storia profonda del bambino e che appare oggi minacciato: il gioco libero, il piacere del corpo, il contatto con il proprio mondo emotivo. 

  • La contrazione di occasioni destinate a queste dimensioni, la iper-cognitivizzazione nella quale la scuola precipita i bambini fin dai primissimi anni, la inutile rincorsa verso l’anticipazione delle competenze (valga per tutti l’inutile anticipo dell’iscrizione alla scuola primaria) rischiano seriamente di minare le condizioni psicologiche sulle quali i saperi possono significativamente stabilizzarsi.


    Il movimento a scuola e nei luoghi dove si fa educazione spesso fa paura. Gli educatori, gli insegnanti non sono preparati (formati) ad accettarlo, ad accoglierne (per trasformarle, educarle) le pulsioni e le scariche emozionali che inevitabilmente lo accompagnano. 


    Le nostre scuole sono state, e in molti casi continuano a esserlo, luoghi caratterizzati dalla compressione e dalla restrizione del movimento. Basti pensare alle ristrettezze di molte aule, al limitato utilizzano degli spazi esterni in molte scuole. 


    Il monito di Montessori di non cadere nell’errore di associare irriflessivamente a scuola ciò che è bene con l’immobilità e ciò che è male con il movimento continua a essere attuale.

  • 2. Limitarsi a predisporre le condizioni

  • Il ruolo dell’adulto dovrebbe limitarsi nella regia delle condizioni per l’esperienza del bambino. Organizzare lo spazio senza ingombrarlo troppo di oggetti, che finiscono solo per ostacolarne il movimento e limitarne la fantasia.E’ pur vero che oggi i bambini si fanno spesso male, appaiono più fragili, ma questo non può trovare rimedio solo in un accanimento delle norme di sicurezza (siamo ormai ai caschi per giocare in casa, non per andare in bicicletta!).


    I bambini hanno bisogno di coltivare, certamente in una condizione protetta (ma non impedente), la consapevolezza del limite. E il corpo è l’esperienza del limite. Il bambino ha bisogno di “rischiare” per capire chi è e chi potrà essere.


    Il gioco del bambino dovrebbe essere più vicino possibile allo stato di natura, ovvero alla libera interazione con il mondo.

  • L’adulto non deve insegnare al bambino a giocare, ma predisporne le condizioni. In un mondo dominato da giocattoli sempre più perfetti (l’industria del gioco li propone affinché piacciano alle mamme, siano sicuri, abbiano uno scopo esatto) è bene stimolare l’uso di oggetti che si prestino a stimolare la creatività inventiva, soprattutto manuale, dei bambini.


    La mano, diceva Kant, è l’origine della mente dell’uomo. Occorre anche interrogarsi sulla spesso inconsapevole intrusione delle cure adulte (i bambini hanno un loro pudore che va rispettato), l’erotizzazione precoce (le scarpine col tacco, gli orecchini in età inadatta, i pantaloncini attillati di moda ecc.). 


    Ciò che è scandaloso, si badi bene, non è il fatto che i bambini abbiano una loro sessualità ma che questa sia fatta oggetto di proiezioni adulte che la stravolgono.

  • 3. Filtrare la propria osservazione attraverso il proprio corpo

  • Imparare a fidarsi di più delle proprie sensazioni, ad ascoltarsi prima di reagire, evitando di affidarsi ciecamente ai consigli dell’esperto di turno, costituisce il modo migliore per essere-in-relazione- corporea con il bambino. 


    La relazione genitoriale riguarda gli esseri umani, non la scienza. La scienza (soprattutto quella accademica) tende a guardare la realtà dal buco della serratura. Noi “siamo condannati a essere liberi”, diceva Sartre. La possibilità di scegliere come educare un bambino non è solo un’opportunità, ma anche un rischio e una grande responsabilità. 


    Che non si può assumere solo con la forza della ragione, occorre anche uno sguardo più ampio, mi verrebbe da dire “uno spirito di carità” intriso di ascolto corporeo (Benzoni, 2013).


    Leggi l’articolo completo su Educare03, n. 0, agosto 2015, pp. 4-7

  • Regolare le emozioni attraverso i ritmi della relazione

    Regolare le emozioni attraverso i ritmi della relazione

    Giulia Cavalli


    Fin da piccoli siamo in grado di sintonizzarci con l’adulto che abbiamo di fronte, di essere sulla stessa lunghezza d’onda emotiva e possiamo notare come le capacità autoregolatorie e relazionali di ciascuno possano cambiare anche radicalmente a seconda del partner (l’educatrice, la mamma, il papà, la nonna...), proprio perché con ciascuno si instaurano modi di stare in relazione differenti e unici. 


    Ogni relazione consente al piccolo di strutturare un’esperienza interiore di ciò che sta vivendo, anche quando non ha ancora sviluppato la capacità simbolica. Ciò accade sia nei bambini sia negli adulti: il nostro modo di creare esperienze interiori prende le mosse dal modo in cui concretamente (a livello corporeo) viviamo le relazioni e ci regoliamo al loro interno, sintonizzandoci con l’altro. 


    Una prospettiva recente di studio ha messo in luce che non solo cogliamo e sentiamo nel nostro corpo ciò che osserviamo nel corpo altrui (processo che è alla base, per esempio, dell’imitazione fin dalla nascita), ma anche sentiamo i ritmi dell’altro.

  • Stando in relazione si sintonizzano automaticamente i tempi, per esempio, si coordinano le vocalizzazioni, i turni vocali, i movimenti. “Nella coordinazione temporale ciascuno può accedere al mondo temporale e ai vissuti dell’altro” (Beebe, Lachmann, 2002, p. 99).

    Così, proprio come si può cogliere l’espressione facciale dell’altro, si può anche cogliere – e vivere dentro di sé – l’organizzazione temporale dei comportamenti dell’altro. Questo ha un effetto fortissimo sulla regolazione emotiva e sull’organizzazione interiore delle esperienze relazionali. Provate a pensare a cosa possa significare per un bambino relazionarsi con un adulto agitato, frettoloso, confuso nella sua organizzazione ritmica dei movimenti e del linguaggio, e cosa, invece, possa significare per lui avvicinarsi a un adulto che si muove con calma, che gli lascia il tempo di esprimersi, che cerca di entrare nel ritmo del bambino, piuttosto che far entrare il bambino nel proprio ritmo. Il piccolo reagirà differentemente e la sua capacità di regolarsi in quella relazione sarà diversa!

  • In particolare, nella relazione vengono a coordinarsi gli schemi temporali, ovvero schemi di comportamento di cui percepiamo, involontariamente e inconsapevolmente, ritmo, velocità, pause, tempo di reazione, interruzione e alternanza dei turni. 

    Coordinare tali schemi consente di organizzare le relazioni sociali. Quando i ritmi tra due persone corrispondono, le ricerche hanno osservato un clima più cordiale e una percezione di sintonia e simpatia reciproca. Al contrario, chi parla sempre e velocemente, non consente all’altro – piccolo o grande – di inserirsi e questo può far sentire l’altro frustrato e non sintonizzato.

    L’essere umano, essendo profondamente relazionale nella sua natura, ricerca in maniera automatica una corrispondenza reciproca dei ritmi nelle interazioni.

  • Ogni relazione ha, quindi, un suo ritmo, che viene co-creato dalle persone che interagiscono. Con i bambini potremmo usare questa metafora come indicazione di un lavoro relazionale rispettoso (Harrison, 2015): il bambino invita alla danza, l’adulto accetta l’invito e insieme si può ballare. Ascoltiamo il suo ritmo (lasciamoci guidare dalla nostra intuizione corporea) ed entriamo in sintonia con lui. 


    Anche quando il bambino vive momenti di stress e di emozioni intense, ci sta invitando a un ballo in cui è necessario prima di tutto entrare nel ritmo che sta vivendo e pian piano apportare delle modifiche, fornendo un ritmo più calmo e ordinato, come per dire: “possiamo stare insieme”. Concretamente: 


    parlargli dicendo qualcosa di molto breve, facendo poi una pausa, seguita da un’altra frase breve e così via aiuta la regolazione all’interno di questa danza, molto di più che lunghi discorsi di rassicurazione senza pause.


    Leggi l’articolo completo su Educare03, n. 0, agosto 2015, pp. 8-10.